Agaricus bitorquis  
A.M.B. Associazione Micologica Bresadola - a cura del Gruppo " G. Ceriani di Saronno"
Agaricus bitorquis, il fungo dell'asfalto
  - E' anche il fungo dai due anelli
- Una vita da tartufo
- Eccellente in cucina
- Una forza straordinaria
 
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Sfogliando per la prima volta un libro di funghi, una delle storie che più colpiscono e affascinano è quella di un fungo in grado di sollevare e di rompere il manto stradale espandendosi in crescita, facendo capolino bianchissimo tra le crepe nere dell’asfalto.

 
   
 

Questo fungo è Agaricus bitorquis, ormai indissolubilmente legato a questa sua fama e per questo indicato da molti libri a carattere divulgativo con l’appellativo di “fungo dell’asfalto”. Alcuni di questi libri indicano erroneamente l’asfalto addirittura come uno dei suoi possibili habitat, ma in realtà Agaricus bitorquis cresce esclusivamente sul terreno, tra l’erba rada o anche su terreno nudo e compatto, nei parchi e nei giardini, sulle sponde di fiumi e canali, ai margini delle strade di campagna e anche nelle aiuole cittadine, dalla tarda primavera all’autunno inoltrato. Il problema nasce quando qualche incauto amministratore decide di asfaltare un terreno ricco del micelio di questo fungo, senza l’allestimento di un’adeguata massicciata; il rischio è di dover ben presto ricorrere a una manutenzione straordinaria.

 
E' anche il fungo dai due anelli  
 

Agaricus bitorquis è una delle specie più caratteristiche del genere Agaricus, facilmente riconoscibile soprattutto per la presenza di due anelli inferi (cioè asportabili dal basso verso l’alto, in pratica una doppia pseudovolva) di cui quello superiore nella zona mediana del gambo e quello inferiore verso la base. A questa peculiarità deve il suo nome specifico; infatti “bitorquis” in latino significa appunto “con due collari”.

 
 

Gli esemplari molto giovani hanno l’aspetto di un Lycoperdon (cioè di una vescia): il margine del cappello è strettamente arrotolato su se stesso ed il velo esterno avvolge la base del gambo come una calza membranosa, congiungendosi sulla superficie del cappello ben lontano dal margine. Successivamente il cappello tende a srotolarsi provocando la rottura del velo più esterno al punto di contatto sul cappello, originando l’anello più basso; continuando a srotolarsi molto lentamente, il cappello progressivamente si espande, provocando la rottura del velo più interno al punto di contatto sull’orlo, originando l’anello più alto. Il tutto è ben illustrato nella tavola pubblicata nel 1883 dal micologo francese Quélet, autore della specie (come Psalliota bitorquis).

 
   
 

Nello stadio adulto, molto tardivamente, il cappello si distende e la pseudovolva si lacera subito sotto l’anello inferiore ed allora a metà gambo rimane una fascia membranosa con gli orli rialzati; in tale stadio Agaricus bitorquis, contrariamente agli esemplari giovani, può risultare meno facilmente riconoscibile da un occhio non esperto.

 
   
 

Il colore del fungo è bianco puro o bianco latte, in particolare per crescita tra l’erba in zone ombreggiate e umide, ma può essere anche ocraceo pallido alla sommità, spesso sporco di terra. Le lamelle sono inizialmente di un rosa molto pallido, poi diventano rosa carne e infine bruno cioccolata.

 
  In esemplari giovani la carne al taglio vira debolmente al rosso-rosa ed emana un odore pronunciato e gradevole; in esemplari adulti con le lamelle scure, il viraggio è al bruno e l’odore è forte e meno gradevole.  
   
Una vita da tartufo  
 

I tartufi sono funghi ipogei, che cioè “vivono” nel sottosuolo; a buona ragione Agaricus bitorquis può essere considerato un fungo semiipogeo, in quanto trascorre gran parte del periodo di sviluppo sotto la superficie del terreno: così tastando il terreno intorno agli esemplari trovati e scavando in corrispondenza delle gibbosità nel terreno, proprio in analogia con i cavatori di tartufi, è possibile fare ottime raccolte, le migliori per la cucina. Curioso e caratteristico che profondamente interrati non si trovino solo dei “primordi”, ma anche corpi fruttiferi in uno stadio di crescita relativamente avanzato, con già il primo anello lacerato.

 
   
Eccellente in cucina  
 

Agaricus bitorquis è piuttosto comune nelle aree cittadine e nelle campagne delle pianure alluvionali. Esemplari freschi, con ancora le lamelle appena rosate, e nei primi stadi dello sviluppo, ancora chiusi almeno sull’anello interno, possono dare origine a piatti veramente eccellenti; sia per l’ottimo sapore che per la consistenza croccante. Esemplari molto giovani e freschi possono essere consumati anche crudi in insalata, accompagnati da scagliette di grana, logicamente senza mai eccedere nelle quantità. Per contro sono decisamente da rifiutare gli esemplari maturi, già con cappello disteso e lamelle bruno cioccolato per la consistenza suberosa e per il sapore forte e quasi sgradevole. Comunque da evitare il consumo di funghi cresciuti ai bordi delle strade (o addirittura sulle strade stesse, trattandosi di Agaricus bitorquis) o comunque su substrati innaturali, oltre che per elementari norme igieniche, anche per la tendenza dei funghi ed in particolare proprio delle specie appartenenti al genere Agaricus, ad accumulare metalli pesanti quali piombo, cadmio e mercurio.

 
  E’ possibile anche coltivarlo su scala industriale dove è apprezzata la sua capacità di crescita anche a temperature di 30°C e più, rappresentando un risparmio energetico in termini di minor necessità di climatizzazione delle grotte rispetto ad Agaricus bisporus.  

Una forza straordinaria

 
 

Ma cerchiamo di capire meglio da cosa derivi la prorompente forza che gli consente di perforare il manto stradale; ogni cellula del fungo in fase di crescita assorbe acqua provocando l’aumento di volume del citoplasma con conseguente stato di tensione della membrana cellulare, fenomeno noto in botanica come “turgore”. Di fatto entra in gioco una straordinaria forza idraulica.

L’incomprimibilità dei liquidi e la loro conseguente capacità di trasmettere o anche ampliare forze è sfruttata in molteplici tecnologie; una di queste è il torchio idraulico, le cui applicazioni vanno dal “martinetto” (lo strumento con cui nelle officine si sollevano le automobili), ai freni delle automobili: quando si preme il pedale del freno, la pressione applicata a un liquido (il cosiddetto olio dei freni) si trasmette a due piccoli pistoni che si stringono contro il tamburo della ruota; con una modesta pressione sul pedale del freno siamo in grado di fermare una pesante vettura lanciata ad alta velocità. Nel caso dei funghi la pressione è generata dal citoplasma cellulare che agisce come una vera e propria pompa richiamando acqua all’interno delle singole cellule; nel caso specifico di Agaricus bitorquis, poi, il resto lo fa la sua struttura che in esemplari giovani è veramente tozza ed estremamente compatta, in grado di trasmettere la pressione idraulica senza farsi schiacciare dalla pressione dell’asfalto.