Laetiporus sulphureus  
A.M.B. Associazione Micologica Bresadola - a cura del Gruppo " G. Ceriani di Saronno"
Laetiporus sulphureus,il "pollo dei boschi".

- Descrizione di Laetiporus sulphureum

- Antica ricetta per cucinare e gustare Laetiporus sulphureus

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Per americani e tedeschi una leccornia, nel sud Italia ricercatissimo e molto apprezzato in varie località, difeso talora con la lupara nelle prime fasi di crescita, o raccolto come un vero e proprio trofeo per grandi pranzi di gruppo. Ma molti libri lo liquidano come commestibile mediocre o addirittura come “non commestibile”.

Cerchiamo di capire come stanno realmente le cose.

 
 

Bellissimo è l’incontro con questo allegro e spettacolare fungo dai colori sgargianti, che dichiara la sua presenza in lontananza come una luce accesa nel buio del bosco.

 
   
 

Laetiporus sulphureus, cresce su tantissime essenze arboree, in particolare su latifoglie e anche su alberi da frutto, da fine primavera a inizio autunno dopo abbondanti piogge. Qui, al Parco del Lura su ceppo di Ontano, è presentato in una delle sue molteplici forme, nel suo primissimo stadio di crescita, quando, per i suoi colori sgargianti, appare come una luce accesa nel buio del bosco.

 

Parliamo di Laetiporus sulphureus, una Polyporacea formata da tante mensole irregolarmente sovrapposte, di dimensioni notevoli, fino a 50 cm di larghezza, che cresce su tronchi e ceppaie di tantissimi alberi, in particolare di latifoglie, anche da frutto, dalla tarda primavera al primo autunno.

Inconfondibile da giovane per i colori vivaci, giallo zolfo aranciato e giallo zolfo, origine del suo nome specifico. I pori secernono tipicamente guttule lattiginose e la carne è giallastra, succosa, spessa, compatta e tenace, con odore gradevolmente fungino. Invecchiando diviene invece completamente bianco-grigiastro, con carne gessosa e odore sgradevole, più facilmente confondibile con altre Polyporaceae.

 

Laetiporus sulphureus è un fungo cosmopolita. In particolare negli Stati Uniti è conosciuto  e ricercato come una vera ghiottoneria, indicato da più parti come uno dei migliori funghi commestibili, quando non addirittura come il migliore in assoluto. Il sapore e la consistenza della carne, del tutto simile alla carne bianca di pollo, gli hanno valso l’appellativo di “chicken-of-the-woods” (“pollo dei boschi”), nome volgare con il quale è comunemente indicato anche in trattati scientifici. Questa caratteristica di Laetiporus sulphureus è considerata, a quelle latitudini, tanto marcata da farlo inserire nelle diete vegetariane proprio in sostituzione della carne di pollo, cucinato come tale in tutte le sue differenti modalità.

 
 

Ma anche in Europa, e segnatamente in Germania, Laetiporus sulphureus è considerato una leccornia. Come pure in molte località del sud Italia e della Sicilia, dove ha una antica e consolidata tradizione popolare e dove era, ed è, accanitamente ricercato e aspramente conteso.

 
   
 

Laetiporus sulphureus è un fungo molto popolare negli Stati Uniti, dove è conosciuto come “chicken-of-the-woods” (“pollo dei boschi”) in quanto cucinato risulta del tutto simile alla carne bianca di pollo,  o anche come “sulphur shelf “ (“mensola di zolfo”), e non è difficile capire il perché guardando questa immagine (del medesimo esemplare dell’immagine precedente ripresa solo alcuni giorni dopo)

 

In Puglia è il popolare “fungo del carrubo” o meglio "fungu ti cornula" (la cornula è appunto il carrubo, scientificamente Ceratonia siliqua). In effetti il carrubo è la pianta che in Puglia fornisce le più copiose crescite della specie, ed è la sola sulla quale viene raccolto. Forse per il nomignolo dialettale che lo caratterizza, forse per tradizione popolare figlia di qualche disavventura alimentare provocata dal fungo raccolto su qualche altra pianta. Di fatto “Fungu ti cornula” è straricercato e straconsumato in tutta la Puglia e nelle bancarelle della provincia di Bari arriva a toccare prezzi veramente stratosferici.

 
 

In Sicilia si narra che chi trovava un esemplare di questo fungo appena spuntato, ne seguiva la crescita annaffiandolo periodicamente e dormendo addirittura sotto l’albero con la lupara in spalla, mentre in Campania la ricerca avveniva (e avviene) prevalentemente nei castagneti, portandosi appresso, per poter raccogliere esemplari cresciuti nella parte alta del tronco, o una lunga scala oppure un martello, grossi e lunghi chiodi e possibilmente un ragazzino leggero e agile: i chiodi venivano piantati all’albero, il ragazzino saliva per raccogliere il fungo, quindi scendendo recuperava i chiodi.

 
 

A dispetto di tutto ciò, alcuni libri nostrani, anche autorevoli, liquidano questo fungo come “commestibile con cautela”, “commestibile mediocre” o addirittura “non commestibile”. Il motivo è legato alla segnalazione di casi di disturbi gastrointestinali seguiti alla sua ingestione. Tuttavia, ricercatori americani che hanno indagato a lungo sulla commestibilità del loro “pollo dei boschi”, si limitano a fornire alcune semplici precauzioni per evitare fastidiosi mal di pancia: l’utilizzo di esemplari molto giovani, cioè nei primissimi stadi dello sviluppo, solo se cresciuti su legno di latifoglie e sempre consumati previa prolungata cottura (e senza mai eccedere nelle quantità e nei bicchieri di vino, aggiungiamo noi).

 
 

Il risultato è che comunque su questo bellissimo fungo vi sono pareri assolutamente divergenti, come succede spesso in questi casi, e da alcuni è considerato “una leccornia”, per altri “ci sono cose decisamente migliori e sicuramente senza rischio tossicologico a cui rivolgere l'interesse alimentare”.

 
 

In Italia Laetiporus sulphureus è conosciuto con differenti nomi volgari, caratteristici di ogni località dove ha una propria storia popolare e una propria tradizione culinaria.

 
 

Tra le mille storie abbiamo raccolto quella legata allo splendido territorio di Castiglione del Genovesi, un piccolo centro montano a 650 metri slm, in provincia di Salerno, dove questo fungo è conosciuto come “O’ Lurinie” (in altre località campane “Paglianucca”) ed è ricercato fin dai tempi antichi dai “Munitari”, i cercatori locali di funghi (i “Muniti”), nei castagneti che circondano il paese.

 
   

Castiglione del Genovesi, immerso nei castagneti alle pendici dei tre monti che abbracciano il paese, Monna, Stella e Monte.

 
   
 

“Munitar” in cerca di “Muniti” nel castagneto “O’ RUSS”, uno dei tanti castagneti che circondano Castiglione del Genovesi.

 
   

Nei castagneti di Castiglione del Genovesi si cercano “porcini” guardando in basso e “o’ lurinie” guardando in alto.

Nel caso di raccolte abbondanti, i “munitari” venivano accolti in paese come eroi al rientro da una guerra vittoriosa. Gli esemplari di “o’ lurinie”, trattati come veri e propri trofei, venivano portati nell’osteria di donna Amalia (“Maliett”), che li cucinava secondo l’antichissima ricetta locale e li serviva accompagnati da buon vino rosso; ed era questa veramente una grande occasione di socializzazione per gli abitanti di Castiglione del Genovesi !

 
 

Donna Amalia, erede delle secolari tradizioni locali, applicava molto bene le precauzioni che oggi ci suggeriscono i ricercatori americani per poter consumare Laetiporus sulphureus. Infatti lo utilizzava raccolto su castagno, lo sottoponeva ad una adeguata cottura e, soprattutto, il fungo doveva essere “giòvn e tiènnr comme o’llard“ (giovane e tenero come il lardo).

Oggi purtroppo l’osteria di “Maliett” non c’è più, ma questo antico piatto è tuttaltro che dimenticato e ancora oggi fa parte della tradizionale cucina Castiglionese.

 
   
 

Per poter essere consumato senza problemi, Laetiporus sulphureus deve provenire da legno di latifoglie, deve essere ben cotto e, soprattutto, deve essere “giòvn e tiènnr comme o’llard“ (giovane e tenero come il lardo), cioè assolutamente immaturo, come l’esemplare qui rappresentato. Infatti questo fungo rimane sul tronco nel quale è cresciuto per molti mesi, invecchiando lentamente, e solo nei primi giorni di vita ha le caratteristiche indicate dai “ricercatori americani” e da “Maliett” per poter essere consumato come una vera e propria ghiottoneria, e soprattutto senza incorrere in antipatici “mal di pancia”.

 

 Descrizione di Laetiporus sulphureus

 

Carpoforo composto da numerose mensole dalla forma irregolare e capricciosa, ogni volta differenti, gibbose, protese orizzontalmente, sovrapposte, 20-50 cm complessivamente; con l’orlo ondulato e suddiviso in lobi da solchi profondi; riunite alla base in un’unica massa, a volte in un unico breve tronco, biancastro, e poi giallastro. Sopra sono di un bel colore giallo più o meno aranciato, con bordo giallo vivo. Sotto l’imenio è costituito di piccoli pori, prima rotondi poi angolosi, color giallo zolfo, essudanti stille rugiadose bianco-giallognole. Quando le spore sono mature, ricoprono di densa cipria giallina le mensole sottostanti. Carne spessa, molle, succosa, giallognola; di odore grato, di sapore acidulo; poi diviene leggera, dura, fragile, ed emana un odore poco gradevole. Cresce dalla fine della primavera all’inizio dell’autunno sui tronchi di latifoglie, anche da frutto, che scava e alla lunga fa crollare; meno frequente sui tronchi di conifere e sui tronchi abbattuti. 

 

Laetiporus sulphureus (O’ LURINIE) alla Castiglionese

Antica ricetta per cucinare e gustare Laetiporus sulphureus

 Ingredienti per 6 / 8 persone :

1 kg di fungo  “ O’ LURINIE ” che deve essere “giòvn e tiènnr comme o’llard“ (giovane e tenero come il lardo)

Olio secondo la quantità del fungo o “nù cucchiar a person“ (un cucchiaio per ogni persona)

2 spicchi d’aglio

400 gr. di “pummarol “ (pomodoro fresco)

Sale quanto basta

Peperoncino piccante quanto basta a piacere

Prezzemolo fresco, una bella manciata

 Preparazione :

Pulire e tagliare “ O’ LURINIE ” a pezzi (meglio se a strisce di 2 / 3 cm).

Soffriggere l’aglio (tagliato in 4 parti), moderatamente in un tegame (possibilmente di terracotta) e toglierlo dopo la doratura.

Calare nel tegame i pezzi / le strisce del fungo e cuocere per circa 8 / 10 minuti.

Aggiungere il pomodoro, il sale, il peperoncino e cuocere a fuoco lento per altri 10 / 15 minuti circa, mescolando e assaggiando ogni tanto.

Aggiungere la manciata di prezzemolo, mescolare e togliere dal fuoco dopo circa 1 minuto.

 Servire in ciotola di terracotta e gustare facendo la “scarpetta” con un buon pane; accompagnare con un buon bicchiere di vino rosso (vivamente consigliato l’Aglianico !).