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A lungo considerato un buon commestibile, da alcuni decenni è stato messo
all’indice per aver indotto gravi
intossicazioni, talvolta con esito mortale. Tra
le sue vittime, nell’ottobre 1944, l’illustre
micologo tedesco Julius Schaeffer.
Poiché in alcune regioni d'Italia questa specie viene ancora considerata una prelibatezza (per qualcuno il fungo "migliore ch'c'sta“) e i suoi estimatori minimizzano riguardo la sua pericolosità, è qui opportuno ribadire che il Paxillus involutus è realmente un pericolo mortale ! |
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Paxillus involutus al Parco del Lura | ||
Il Paxillus involutus cresce abbondante dalla primavera all’autunno, dall’estremo sud alle alpi, in boschi di ogni tipo, in parchi pubblici e giardini privati sotto svariate essenze arboree; è un fungo carnoso e poco marcescibile, quindi che può rimanere a lungo apparentemente inalterato sul terreno. L’insieme di queste caratteristiche hanno indotto molte persone a utilizzarlo per scopi alimentari in un recente passato, e a lungo è stato considerato un commestibile di ottima qualità, se pur dopo cottura. |
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Tuttavia, da alcuni decenni è stato messo sotto
accusa per aver indotto gravi intossicazioni,
talvolta con esito mortale, anche se consumato
ben cotto.
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Tra le sue vittime se ne annovera una
particolarmente illustre: il grande micologo
tedesco Julius Schaeffer, indimenticato
specialista del genere
Russula.
Nell’ottobre 1944, cioè verso la fine della
seconda guerra mondiale e quindi in un periodo
di carestia, pensò di risolvere i problemi
alimentari sfruttando la sua conoscenza dei
funghi. Così raccolse e consumò ripetutamente il
Paxillus
involutus, la cui pericolosità era ancora
ignota a quei tempi, fino agli esiti nefasti
sopra ricordati, dopo 17 giorni di terribile
agonia.
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L’insieme dei
disturbi provocati dal
Paxillus
involutus vengono catalogati come “sindrome
paxillica”. La “sindrome paxillica” non è un
vero e proprio avvelenamento, almeno nella
manifestazione più grave che può condurre fino
alla morte, ma una reazione immuno-allergica in
individui con particolare predisposizione agli
antigeni contenuti nel fungo. |
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Poiché il
fenomeno è di tipo immunitario può succedere che
il primo consumo del fungo risulti del tutto
senza conseguenze. Quando poi il consumo è
ripetuto nel tempo, la sensibilizzazione dei
globuli rossi nel frattempo instauratasi si
esprime con |
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Da precisare che
l’organismo di ogni individuo può reagire in
modo differente. Così per alcuni la
sensibilizzazione può non avvenire, per altri
può rimanere latente anche per molti anni,
scatenandosi all’improvviso a un successivo
qualunque consumo del
Paxillus
involutus, anche se la maggior parte degli
avvelenamenti gravi sono stati registrati dopo
più pasti ravvicinati. |
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Rientra quindi
nella normalità che non tutti i partecipanti a
una bella mangiata di
Paxillus
involutus manifestino i classici disturbi
della “sindrome paxillica”; disturbi che hanno
inizio tra una e tre ore dopo l’ingestione e
comportano nell’ordine vomito, diarrea, coliche
addominali, ittero, emoglobinuria, oliguria,
anuria, collasso cardiocircolatorio,
insufficienza renale acuta, stato di shock. |
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Senza
l’immediato ricovero ospedaliero dopo i primi
sintomi e una terapia intensiva in centro di
rianimazione, l’evoluzione può risultare
drammatica. |
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Di regola gli
antigeni sono delle macromolecole; si è quindi
ipotizzato che la prolungata cottura possa
almeno in parte degradarle riducendo il rischio
della sensibilizzazione e del conseguente
avvelenamento. Tuttavia mancano dati certi in
proposito. |
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Gli antigeni che causano la sindrome paxillica non sono stati identificati con sicurezza e nessuna correlazione certa esiste con un difenilciclopentenone isolato nel fungo, denominato “involutina”, contrariamente a quanto riportato in alcuni scritti |
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sull’argomento.
E’ invece certo che i prodotti di ossidazione
dell’”involutina” sono la causa della
caratteristica colorazione bruna che assume il
fungo per manipolazione. |
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Il cappello è
largo da 5 a 15 cm, feltrato-vellutato, ma
viscoso con l'umidità, che si macchia facilmente
al tocco, a lungo involuto, con margine
lievemente scanalato dalle lamelle, di color
bruno ocra, olivastro, giallo rossiccio. |
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Le lamelle sono
fitte, decorrenti, spesso forcate, staccabili
dalla carne del cappello, di colore giallo
paglierino, giallo ocra, giallo olivastro, poi
giallo brunastro, scure al tocco dopo alcune
decine di secondi. |
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Il gambo è
normalmente più corto del diametro del cappello,
cilindrico, pieno, attenuato in basso,
generalmente un po' arcuato, con superficie da
giallo grigio a bruno ocra, liscio o
longitudinalmente un po’ fibrilloso. Tende a
macchiarsi di bruno-rosso al tocco. |
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La carne è
amarognola e astringente, molle e spugnosa,
giallina, più scura alla base del gambo,
giallo-brunastra alla frattura ed al tocco,
nerastra alla cottura; l’odore è aromatico e
fruttato. |
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Il Genere
Paxillus
conta non più di 4 o 5 specie in Europa. Di
queste, 2 sono sosia quasi perfetti del
Paxillus
involutus, distinguibili solo da esperti
micologi. Il
Paxillus
rubicundulus si distingue macroscopicamente
solo per il cappello più bruno ruggine, con
margine tendenzialmente screpolato e presto
disteso, microscopicamente per le spore più
piccole. Il
Paxillus ammoniovirescens si distingue più che altro per la
colorazione verde che assume la superficie del
fungo bagnata con una goccia di soluzione
acquosa di ammoniaca. |
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Paxillus ammoniovirescens | ||
Alcuni tendono a
spiegare l’incostanza dell’azione venefica
attribuita al
Paxillus
involutus proprio con l’esistenza di questi
sosia: una o due delle tre specie sarebbero
velenose, l’altra o le altre due no. Questa
argomentazione ha comunque solo valore
accademico e non modifica la sostanza dei fatti:
il Paxillus involutus e gli altri
Paxillus simili, sia perché anch’essi
velenosi o solo a scopo prudenziale, devono
assolutamente essere esclusi dal consumo
alimentare! |
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Altro
Paxillus
di grande taglia e il
Paxillus
atrotomentosus, facilmente distinguibile per
il gambo bruno vellutato, anch’esso da
considerarsi non commestibile, ma, sembra, solo
per problemi di consistenza e sapore sgradevoli. |
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Paxillus atrotomentosus | ||
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Diverse
segnalazioni indicano come il
Paxillus
involutus sia ancora consumato in alcune
zone, e qui considerato un ottimo commestibile.
La frase
"il migliore ch'c'stà “ è riportata come proprio
riferita al
Paxillus
involutus da parte di un contadino campano. |
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Il pericolo è che queste persone, forse immuni o
forse solo temporaneamente immuni, possano
indurre amici o parenti, non altrettanto al
riparo dalla nefasta azione del Paxillus, a
mangiare il pericolosissimo fungo. |
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Un altro potenziale pericolo deriva da alcuni
libri di funghi a carattere divulgativo, non
recentissimi ma ancora largamente in uso, che
classificano il
Paxillus involutus come buon commestibile dopo cottura. In uno di
questi tra i più noti leggiamo: “tossico
da crudo. Cotto è da considerare commestibile di
buon pregio per il consumo immediato e anche per
la conservazione sotto aceto”. |
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In casi come
questo si raccomanda di correggere con matita
blu, a scelta, in “tossico”, “velenoso” o anche
“velenoso mortale”; l’importante sia ben chiaro
che dal Paxillus involutus e dai suoi consimili
bisogna girare al largo! |
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Paxillus involutus al Parco delle Groane |
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